Le origini
La storia di Senegol parte però prima della costituzione in associazione. Nel luglio del 2006, infatti, un gruppo di volontari e amici formato da circa venti ragazzi/persone di due Onlus milanesi, la fondazione Casa della carità e l’associazione Casa Magica, ha affrontato la “Milano-Dakar”, un viaggio in pullman di 7.000 chilometri e 14 giorni. Scopo dell’iniziativa era portare materiale ed equipaggiamento sportivo in diverse città del Senegal e organizzare, con la collaborazione delle associazioni locali che si occupano di tutela dell’infanzia, tornei di calcio dove potessero giocare i bambini di strada.
Dopo questo viaggio il pullman è rimasto in Senegal, utilizzato come scuolabus e per il trasporto delle squadre di calcio per i loro tornei.
Tutto ciò fu possibile allora grazie alla generosa donazione di Alessandro Franceschi alla memoria della sua compagna di allora Linda Cattaneo, una ragazza di 30 anni, scomparsa nel 2005, che aveva passato tutta la sua vita ad aiutare le persone in difficoltà, sia prodigandosi nel suo lavoro di infermiera, sia dedicandosi a molteplici attività di volontariato anche all’estero. Alessandro volle così ricordarla perché “nel sorriso di ogni bambino che riusciremo ad aiutare ci sarà anche il sorriso di Linda”.
L’infanzia in Senegal
I bambini talibé
La condizione dell’infanzia in Senegal è segnata da un elevato numero di bambini che chiedono l’elemosina. La maggior parte dei piccoli mendicanti non ha compiuto i dieci anni. Per loro, la mano tesa a chiedere qualche spicciolo, è un lavoro a tempo pieno. Girano per le strade vestiti male, a piedi scalzi, sporchi e con un barattolo di latta sotto il braccio.
Sono bambini privati dei diritti fondamentali, a cominciare dall’istruzione. La sottoalimentazione li espone a molti problemi di salute. Febbre, dolori addominali, dermatosi e malaria sono malattie comuni. In alcuni casi diventano oggetto di violenza, abusi e sfruttamento.
Tra i bambini che chiedono l’elemosina ci sono i cosiddetti talibé, cioè gli alunni delle daara, le scuole coraniche. Talibé significa “allievo che studia il Corano”. Le famiglie affidano i figli (sin dai 5-6 anni) ai marabout, i maestri del Corano, perché considerano l’educazione religiosa un dovere fondamentale. Ma, in alcuni casi, i Marabout che gestiscono le daare, costringono i bambini alla mendicità per sostenere economicamente la scuola e a dover sopportare condizioni di vita davvero precarie, spesso all’insaputa della famiglia di origine.
Per questo sono nate, su tutto il territorio senegalese, molte associazioni che si occupano dei minori di strada e dei talibé. In appositi centri i bambini vengono assistiti sul piano sociosanitario ed educativo.
Il forte radicamento culturale dei Marabout e della daare rende la problematica dei bambini talibè un fenomeno sociale di difficile comprensione, anche per le forti differenze che si riscontrano nelle condizioni socio-sanitarie delle scuole coraniche; quello che è certo, è che spesso questi bambini vengono privati dei loro diritti fondamentali, tra cui, e non da ultimo, quello al gioco.
A tutta questa infanzia vulnerabile, fragile, e a volte negata, è stato dedicato il nostro progetto con la costruzione di un centro sportivo e sociale per i bambini talibè di Saint-Louis.